Lotus birth la nascita di Bo


Un altro racconto di una mamma che ha fatto l'esperienza di far nascere la sua bambina con il LOTUS BIRTH.

Mi chiamo Jacqueline, sono nata in Olanda e vivo in Italia dal 1995. Anche mio marito Bart è olandese. Dal 2002 abitiamo sulle bellissime colline dell’Oltrepò Pavese, dove sono nate le nostre due figlie. Kim è nata in casa nell’ottobre 2002 venendo al mondo nell’acqua di una tinozza. Bo è nata nel gennaio 2006 in ospedale, in acqua e con il Lotus Birth. Due esperienze del tutto speciali che hanno arricchito e cambiato profondamente la mia vita.
Bo
Nell'aprile 2005 ero in attesa di Bo. La gravidanza procedeva abbastanza bene a parte qualche disturbo all’anca ed un leggero dolore pelvico che a volte diventava intenso: era il segnale per rallentare, cosa non del tutto facile quando si lavora in proprio.
Nascita in casa
Non sono favorevole a medici ed esami clinici: preferisco trovare la soluzione nelle terapie alternative e nell’autoguarigione. Il solo pensiero di partorire in un ospedale italiano, dove il più delle volte non vengono rispettati i desideri della donna, dove i neonati dormono separati dalla mamma e dove ai fratellini e sorelline non è permesso assistere alla nascita, mi causava una sensazione di disagio. Perciò decidemmo di prepararci anche questa volta per una nascita in casa e trovammo due ostetriche disposte ad assistermi. In Olanda nascere in casa è una cosa molto comune e forse, nonostante tutti questi anni in Italia, siamo rimasti ancora molto olandesi sotto questo aspetto…
Gli ultimi giorni “difficili”…
Alla fine di dicembre, però, mi ero dovuta sottoporre a varie analisi ed ecografie, anche per via della pressione del sangue che si era alzata. Tutto era reso difficile a causa della copiosa nevicata che era caduta dopo Natale. Faceva molto freddo e a volte la temperatura aveva toccato i meno 16. La nostra casa è in cima a una collina dalla quale, in caso di neve, si può scendere solamente con la jeep che in quel momento aveva il riscaldamento rotto. Viaggiavamo nell' auto ghiacciata, avvolti nelle coperte, con guanti, cappelli e stivali da neve e con un raschietto a portata di mano che serviva per togliere il ghiaccio che si formava all’interno dei finestrini.Mi chiedevo cosa mai stessimo facendo, dato che avrei dovuto stare al caldo e a riposo e desideravo tanto trascorrere le ultime settimane di gravidanza in pace.
La nascita in ospedale
Entrando nella 42° settimana di attesa, decidemmo di fare un’ecografia di verifica presso l’ospedale che avevamo contattato tre anni prima, durante l’attesa di Kim. E’una struttura riconosciuta per essere sensibile e rispettosa verso la mamma - a cui viene lasciata la scelta di come partorire – e verso il bambino. Inoltre, la loro sala parto è uno spazio piacevole, con la luce soffusa e con musica di sottofondo. Anche se non era proprio la mia casa, mi sentivo a mio agio. L'unico neo era che questo ospedale si trova ad un ora e mezza di macchina da casa nostra!
L’ecografia mostrò che non c’era quasi più liquido amniotico ed il medico ritenne troppo rischioso rimandarmi a casa. Avrebbe voluto ricoverarmi e farmi fare una nascita indotta con il gel a base di ormoni. Mi rifiutai fermamente e il pomeriggio stesso tornammo a casa.
Quella sera vissi una vera crisi emozionale: avrei tanto voluto poter seguire la mia scelta, ma le circostanze la rendevano troppo rischiosa. Alla fine decidemmo che se non fosse nata a casa quella notte al mattino saremmo tornati in ospedale.
Lotus Birth
Ho sentito parlare del Lotus Birth all’inizio della gravidanza. Il proposito del Lotus Birth è quello di rendere la nascita, per il bimbo, un’esperienza profonda e non traumatica. Molti studi hanno infatti dimostrato che il taglio immediato del cordone ombelicale causa un trauma nel neonato.Con il Lotus Birth il cordone ombelicale non viene tagliato subito dopo la nascita ma rimane collegato alla placenta. Infatti dopo che anche la placenta è nata, si aspetta che il cordone si secchi e si stacchi da essa spontaneamente (nel giro di tre/sette giorni), quando il bimbo si sente pronto a questo distacco.
La mia gravidanza era stata seguita, fino all’ottavo mese, da ostetriche di Milano specializzate nella nascita in casa. Presso la loro sede nell'estate del 2005 Shivam Rachana, autrice dell'unico libro sull’argomento, aveva tenuto una conferenza alla quale io non avevo potuto essere presente ma il cui messaggio mi era pervenuto attraverso la lettura del libro che avevo ricevuto alcuni giorni dopo.
Dal momento che non credo alle coincidenze, dissi a Bart che avrei voluto considerare la possibilità di fare un Lotus Birth. Non fu per nulla attratto dall’idea. Mi sentivo sola nei miei desideri e incapace di decidere...
E allora da dove proveniva quella sensazione forte che mi spingeva ad andare avanti con questa scelta? Decisi allora di chiedere al bambino. Se per lui fosse stato importante nascere in questo modo, mi sarebbe bastato. La risposta arrivò affermativa.
La nascita…
Passata la notte non c’era ancora alcun segnale di contrazioni. La sveglia suonò alle 5 del mattino e andammo all’ospedale, eccitati di ciò che stava per accadere…
Arrivammo alle 8 circa e il parto venne indotto. Bart e Kim erano con me. Avevamo ben preparato Kim a quello che stava per accadere, perché desideravamo che anche lei partecipasse all’evento.
Mentre Bart e Kim passavano il tempo giocando con le diverse attrezzature che erano nella stanza (la corda che pendeva dal soffitto, il grosso Skippy Ball ecc.), io ero sdraiata nel lettino e aspettavo che il tempo passasse.
Nel frattempo ostetriche e medici si affacendavano intorno a me, rivolgendomi parecchie domande e riempiendo la mia cartella di fogli di carta. A tutti dissi quello che avrei voluto e quello che non avrei voluto: volevo partorire in acqua, non desideravo invece che il bambino venisse lavato subito dopo la nascita, né che gli venissero messe gocce di antibiotico negli occhi e nemmeno che venisse messo nell’incubatrice, tutte procedure abituali della prassi medica., Non volevo che durante le contrazioni mi fosse applicato il monitor sulla pancia e che il cordone ombelicale venisse tagliato. Detti all’ostetrica il libro di Shivam Rachana insieme ad altre informazioni.
Non ne aveva mai sentito parlare…c’era tempo per un corso rapido sul Lotus Birth?
Quando arrivarono le contrazioni, man mano che si intensificavano, alleggerivo il dolore attraverso il respiro, l’aiuto dei mantra e delle visualizzazioni di luce. Nell’ultima fase del travaglio ero per terra in ginocchio. L’ostetrica mi lasciava libera di fare quello che volevo e rispettava il mio desiderio di essere lasciata sola.
Più le contrazioni si facevano forti, più profondamente entravo in una specie di trance. Ad un certo punto ebbi la sensazione che il bambino stesse per nascere. Chiesi allora di entrare velocemente in acqua altrimenti sarebbe nato per terra. Sostenuta da Bart e dall’ostetrica e accompagnata da Kim, ci spostammo nella stanza dove si trovava la vasca per il parto. L’acqua era meravigliosamente calda e cercai di controllare le contrazioni per dare alla bambina lo spazio per nascere senza che si creassero lacerazioni. Nell’intervallo tra una contrazione e l’altra, con la mano riuscii a sentire la sua testolina prima che scivolasse fuori …. una sensazione straordinaria! Ero felice di aver partorito solo alla presenza di Bart, Kim e l’ostetrica, quasi come se fossi a casa anche se ero in un ospedale… Invitai Kim – che prima si era divertita ad aiutare le ostetriche a riempire la vasca – ad entrare nella vasca con noi, cosa senza dubbio anticonformista per l’ospedale, così come la presenza, durante il parto, di fratellini maggiori. Era un momento commovente: noi tre insieme in acqua, con Kim che accarezzava amorevolmente la testa del bimbo………….
Ma era un maschietto o una femminuccia?Non avevamo voluto saperlo in anticipo per cui per noi fu una sorpresa il tenere tra le braccia una bimba, dopo nove mesi di attesa.
La chiameremo Bo.
Poco dopo, nacque in acqua anche la placenta.
Restammo a goderci la meraviglia della nostra unità, per circa un’ora e nel frattempo Bo si era attaccata al mio seno.Uscite dalla vasca, avvolgemmo la placenta in alcuni pannolini e andammo nella nursery a pesare e a misurare la mia piccola e ad incontrare la pediatra. Ci fece firmare altre carte in cui si dichiarava che tutti gli eventuali rischi di questo parto con la placenta ancora attaccata, sarebbero caduti sotto la nostra responsabilità. L’ostetrica, al contrario, ci ringraziò per la bellissima ed insolita esperienza che le avevamo fatto vivere. Da parte mia, le ero riconoscente per l’assistenza rispettosa, grazie alla quale avevo sperimentato che partorire in ospedale può anche essere, in fin dei conti, una bella esperienza.L’incontro con il ginecologo di turno, invece, risultò piuttosto difficoltoso: era decisamente contrario all’idea di lasciare attaccata la placenta alla bambina ed elencò tutti i pericoli possibili nel tentativo di persuaderci a tagliarla ma, in seguito alla mia risolutezza, lasciò la stanza con fare seccato dicendo che avrebbe dovuto fare rapporto al primario. Alla fine firmammo un ennesimo documento di assunzione di responsabilità per la nostra scelta e così mi permisero di restare per la notte.Era già sera inoltrata, desideravo tanto un po’ di pace per concentrarmi sull’allattamento.

Bo si addormentò sulla mia pancia.Stavo anche io per scivolare nel sonno, quando il pediatra del nuovo turno entrò di colpo nella stanza per convincermi anche lui a ricredermi e a tagliare il cordone, dato che considerava la situazione altamente a rischio. Io non volevo cambiare la mia idea ma per non creare ulteriori sconvolgimenti acconsentii che ad ogni ora venisse misurata la temperatura alla bambina Dopo la visita di questo ultimo medico mi sentivo molto stanca e violata nella mia intimità, comunque avendo appena partorito, ero estremamente vulnerabile. Quella notte portò riflessione e decisi che, per come andavano le cose, per me e Bo sarebbe stato meglio tornare a casa, evitando così di essere infastidite dalla necessità di dover fornire le solite informazioni ad ogni cambio di turno del personale.Capivo le preoccupazioni dei medici per la salute della bimba e non le giudicavo, ma mi sembravano eccessive. Rimasi della mia convinzione perché ero consapevole che un bambino nasce solo una volta. Quello che accade prima, durante e dopo la nascita lo segna per il resto della sua vita.La mattina ho comunicato che desideravo essere dimessa ma il primario in persona insisteva che prima di uscire dall’ospedale tagliassi il cordone ombelicale di Bo; io non volevo assolutamente e così mi fecero firmare un altro documento di assunzione di responsabilità che io ormai consideravo lettere d’amore per la mia piccola……….. Finalmente, a mezzogiorno circa, la capo ostetrica ci dimise. Ammiro le ostetriche che collaborano tutti i giorni a contatto con quei medici,perché si impegnano al massimo per rispettare la donna e il bambino mentre i medici sembrano occuparsi principalmente del rispetto delle regole ospedaliere.La maggior parte delle ostetriche non era affatto preoccupata per il collegamento di Bo con la sua placenta: pur non conoscendo il Lotus Birth, lo rispettavano. Mi chiedevo se i medici fossero consapevoli di quanto sono meravigliose le donne con cui lavorano.
E’ tempo di tornare a casa…

A suo tempo, non avevo potuto allattare Kim, forse a causa di un intervento al seno che avevo subito nel 1992. Questa volta volevo farcela. Prima di lasciare l’ospedale mi accertai con una telefonata che una consulente della Leche League venisse a casa mia per essermi di sostegno.Fui contenta di tornare a casa dove potermi occupare della mia bimba, della sua placenta e di me stessa. Il viaggio in auto fu una vera liberazione… Arrivati a casa, nel calduccio del camino acceso, con la mia bimba attaccata al seno, mi sentii libera di lasciar andare le emozioni che avevo trattenuto fino a quel momento………….

Allattamento al seno
Nei giorni successivi mi concentrai sull’allattamento e l’aiuto dell’ostetrica e della consulente della Leche League fu molto prezioso anche per la prevenzione delle complicazioni legate ad esso. Per la prima volta in vita mia stavo allattando e questo mi faceva sentire una donna completa sia a livello fisico che emozionale.E’ curioso che il cordone ombelicale cadde proprio nel giorno in cui la consulente ci fece visita. Fu come se la placenta avesse lasciato lo spazio ad un nuovo canale di nutrizione: il seno.
Però…..all’inizio allattare per me non è stato tutto rose e fiori...
Bo, nata di 2.760 kg succhiava con molto calma e poco impegno; faceva due sorsi e poi si fermava e questo si ripeteva per un po’ di ore,dopo le quali dormiva magari un’oretta. La cosa è andata avanti così per il primo mese e mezzo,giorno e notte. Ci è voluto circa un mese per ritornare al peso della nascita. Ero proprio a pezzi,anche emotivamente, ma volevo tenere duro. In quel periodo avevo ormai capito che dopo l’operazione di 12 anni fa i seni si erano sistemati da soli e che ‘tecnicamente’ potevo benissimo allattare. Per me erano sopratutto i traumi psicologici da sbloccare e superare….Ho provato a tirarmi il latte,ma era un lavoro che mi risultava difficoltoso e che quindi non sentivo adatto a me.Controvoglia ho iniziato a due mesi a darle aggiunta di latte in polvere (un tipo biodinamico tedesco che per Kim anni fa andava benissimo), ma la cosa non mi convinceva per niente. Inoltre in quei giorni Bo cominciò ad avere un raffreddore che mi faceva preoccupare. Alla ricerca di alternative valide, sono venuta a conoscenza del fatto che il latte di capra è il più digeribile e tra i più simile a quello materno.Per capire quale fosse la soluzione migliore per Bo le abbiamo fatto dei test kinesiologici ed è risultato che questo latte era il più adatto a lei. Ero fortunata perché un’amica che vive nella mia zona possiede delle capre e poteva fornirmelo fresco. Da allora, solo la sera, ho cominciato a dare a Bo un’aggiunta di questo latte, non attraverso una tettarella ma usando una siringa che pian piano rilasciava il latte nella sua bocca mentre lei era attaccata al seno.Nel giro di pochi giorni le cose sono migliorate, il mio latte è aumentato e il raffreddore di Bo sparito…….Fino al sesto mese abbiamo continuato in questa maniera. Dopodiché continuavo allattare, però ho cominciato a darle anche un pò di frutta e ho introdotto il biberon.Nel settimo mese abbiamo deciso di allargare la nostra famiglia con due capre, tra cui quella che sin dalla prima volta aveva dato il suo latte a Bo; le mungiamo tutti i giorni e siamo tutti molto felici di questi nuovi membri della famiglia…………….Fino ad oggi, Bo ha 8 mesi, allatto ancora tutto il giorno a richiesta, le dò la pappa a pranzo e la sera dò sempre ancora il latte di capra fresco.
La placenta
Una volta arrivati a casa dall’ospedale iniziai da subito a prendermi cura della placenta di Bo: tolsi finalmente la placenta dal pannolino usa e getta, la lavai sotto l’acqua corrente, la cosparsi di sale grosso e l’avvolsi in un panno di cotone, sistemandola in una ciotola di plastica vicino a lei. Giornalmente la cospargevo di nuovo con il sale e sostituivo il panno con uno pulito.
Pian piano si ridusse di volume diventando un disco duro e secco con attaccato un cordone, anch’esso ormai simile ad un rametto secco.
Per via dell’allattamento dovevo spostare la placenta molto spesso con il timore che questi spostamenti potessero avere conseguenze sulla guarigione del ombelico. Una volta vidi una piccola goccia di sangue intorno all’ombelico di Bo, nel punto di intersezione con il cordone, ma la pelle intorno non era rossa né irritata, per cui dedussi che andava tutto bene. Per guarirlo usai una polvere che contiene echinacea, calendula e arnica, specifica per la cura dell’ombelico dei neonati.
Erano giornate molto intense…
Il terzo giorno dopo la nascita, il cordone ombelicale era parzialmente staccato, presentandosi come un filo sottile quanto un capello. Non sapendo cosa fosse meglio fare, lo lasciai attaccato, ma la mattina seguente, mentre lo toccavo, si staccò. Bo fece un sobbalzo, io scoppiai in lacrime e lei fece lo stesso.
La vita di Bo era iniziata………..esattamente tre giorni e mezzo dalla nascita…
Nei giorni in cui Bo era ancora collegata alla sua placenta, non sopportava di essere separata da me. Se andavo in bagno mentre lei dormiva, subito si svegliava piangendo. Dopo la caduta del cordone, la cosa era cambiata. Aveva iniziato a dormire tranquillamente, per periodi più lunghi, anche mentre ero occupata in altre parti della casa.
Una settimana dopo la nascita, tutti insieme in una serata gelida e buia e con Bo nella fascia porta-bimbo, seppellimmo la placenta nel nostro bosco sotto un vecchio e magico albero di pino. Bo dormiva tranquilla, nel calore del contatto con il mio corpo, ma quando la placenta fu messa nel buco che era stato fatto nel terreno, iniziò a “chiacchierare” tra sé e sé .
Sembrava stesse percependo cosa stava accadendo…
Il mese dopo, ricevemmo una telefonata dall’ostetrica che aveva assistito alla nascita. Ci disse che dopo il mio parto c’era stato un certo clamore in ospedale e che molte persone dello staff stavano facendo delle ricerche sul Lotus Birth via internet: volevano offrire questa opportunità anche ad altre mamme. Ci espresse la loro gratitudine per l’esperienza che avevano avuto modo di vivere, tramite noi.
Pare che sia stato il primo Lotus Birth in un ospedale italiano…

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